di Leone Grotti
Tempi.it, 25 Settembre 2019
I paesi europei, Francia in testa, non hanno nessuna intenzione di redistribuire i migranti economici e non ci sarà alcuna rotazione dei porti. Il patto di Malta è volontario, non c’è alcun obbligo, e l’Italia rimarrà sola come sempre (ma gli sbarchi aumenteranno)
L’accordo di Malta sui migranti rischia già di saltare, ma sarebbe meglio dire che non c’è mai stato. Il bluff del governo giallorosso è durato neanche 24 ore, perché la bozza di accordo tanto magnificata ieri dai giornali è «vaga», «scarsa di dettagli», inconsistente. La sbandierata rotazione dei porti è soltanto un desiderio italiano, che rimarrà tale, e la distinzione fondamentale tra migranti economici e aventi diritto all’asilo politico non sarà affatto abolita ma, come confermano fonti francesi, ci sarà una «distinzione netta». Soprattutto, come avevamo già scritto, sarà un accordo politico «volontario», senza valore legale, senza sanzioni per chi non vi partecipa e senza sanzioni per chi non lo rispetta. Qualunque paese aderente, infatti, potrà chiamarsi fuori in ogni momento senza dare spiegazioni.
ALLA FACCIA DELLA «LEZIONE AL SALVINISMO»
Alla luce della triste verità, e cioè che le moine accondiscendenti del governo Pd-M5s non hanno affatto cambiato l’atteggiamento ostile dei partner europei sulla questione migranti, fanno sorridere le dichiarazioni entusiaste di ieri del premier Giuseppe Conte e dei giornali ideologicamente schierati. Parlando al Fatto Quotidiano, il presidente del Consiglio tuonava: «Abbiamo fatto più a Malta in un giorno di Salvini in un anno». E Repubblica gongolava in prima pagina: «Prima lezione al salvinismo; l’accordo siglato ieri a Malta costituisce la più grande sconfitta del sovranismo italiano». Per non parlare del Corriere, che parlava in modo inspiegabile di «primo patto europeo» (non è così) e dava ampio risalto al giubilo di Conte: «Se non si litiga si ottiene». Invece, purtroppo per l’Italia, aveva ragione Salvini a dire che si trattava di «un accordo del piffero, una solenne fregatura».
I MIGRANTI ECONOMICI RESTERANNO IN ITALIA
Ma andiamo con ordine. Come scrive la Stampa, per l’intesa «festeggia solo l’Italia». Il patto di Malta «non ha valore legale, si tratta di “un mero accordo politico basato sulla volontarietà”. Dunque non è giuridicamente vincolante». Non solo non sarà sanzionato chi si chiama fuori, ma «un paese firmatario potrebbe decidere di uscirne per ragioni interne». Se quindi dopo l’accordo ci sarà un prevedibile aumento dell’afflusso dei migranti, l’Italia sarà abbandonata da tutti.
Come se non bastasse, il nodo principale, che riguarda la definizione di quali migranti possono essere redistribuiti, non è stato affatto risolto. «Una fonte diplomatica che ben conosce le dinamiche negoziali dei vertici Ue», continua l’articolo della Stampa, «sostiene che la Francia punti proprio a questo: convincere più Paesi a partecipare in cambio di un testo più soft. Dunque meno vantaggioso per l’Italia (per non dire inutile, ndr). Fonti dell’Eliseo continuano a far filtrare che “ci sarà una netta distinzione” tra richiedenti asilo e migranti economici (che non verranno redistribuiti)».
SENZA SALVINI, LA TUNISIA È UN “PORTO SICURO”
L’Italia dunque non si ritroverà soltanto punto a capo, visto che la stragrande maggioranza dei migranti che arrivano in Italia sono economici, ma sarà anche danneggiata. La Spagna infatti vuole rientrare nel meccanismo di redistribuzione, a patto che anche i suoi 22 mila migranti arrivati quest’anno vengano inseriti. L’Italia dunque dovrà farsene carico come tutti gli altri.
Se come prevedibile l’accordo virerà in questa direzione, non solo i trattati di Dublino non verranno superati, come affermato ieri da Conte, non solo l’Italia dovrà far fronte a maggiori sbarchi senza la solidarietà europea, ma dovrà anche occuparsi da sola dei costosissimi rimpatri. Non a caso il Corriere parla oggi del progetto del governo italiano di far sbarcare i migranti direttamente in Nordafrica e più precisamente in Tunisia, Algeria e Marocco. Questi paesi, fino a quando c’era Salvini, erano considerati “non sicuri” da tutta Europa, ma ora che se n’è andato il leghista sembrano diventati novelli Bengodi. Quello che il Corriere si dimentica di scrivere è che Roma sta pensando a questa ipotesi solo perché i partner europei si sono già opposti a redistribuire i migranti economici, emblema del fallimento dell’intesa negoziata dal ministro dell’Interno Luciana Lamorgese.
AZZERATE LE MULTE ALLE ONG
Resta un ultimo problema. L’accordo prevede che possano essere redistribuiti soltanto i migranti (a questo punto non economici) che approdano sulle coste italiane e maltesi a bordo di navi delle Guardie costiere o delle Ong. Queste, precisa l’intesa, non dovranno però sostituirsi agli scafisti andando a prendere i clandestini in acque territoriali libiche e non dovranno «ostacolare i soccorsi della Guardia costiera libica». Come dimostra il recente passato (ricordate il naviglio di Carola Rackete o la Ocean Viking?), le Ong se ne infischieranno di questa norma e continueranno a fare la spola tra Libia e Italia indisturbate. Con un vantaggio: l’Italia si è impegnata a cancellare le multe per le Ong, inserite nel decreto Sicurezza di Salvini. Come farà a questo punto a far rispettare, come auspica Repubblica, «le regole rigide che resteranno?». Come farà l’Italia a mantenere «eventuali divieti di ingresso», se Leu ha già dichiarato che lascerà la maggioranza se non verrà introdotta la politica indiscriminata dei porti aperti?
Il governo giallorosso si è già arreso in Europa e spera di bluffare con gli italiani, come già fatto da Matteo Renzi nel 2015. Sappiamo tutti com’è finita: i 153 mila sbarchi del 2015 sono diventati 181 mila nel 2016, mentre i morti in mare sono passati dai 2.913 del 2015 ai 4.578 del 2016. La linea dura di Minniti (Pd) prima e Salvini poi aveva non solo fatto diminuire gli sbarchi ma anche le vittime. Ora si torna indietro nel nome di un (fasullo) mutato contesto europeo. L’accordo è in alto mare e la nave del governo balla pericolosamente.