di Lorenza Formicola
IlGiornale.it, 9 Agosto 2019
Con un’Europa e un Medio Oriente svuotato di fedeli i jihadisti si stanno concentrando sulla pulizia religiosa Tra i più colpiti Uganda ed Eritrea
Nel 1969 Paolo VI era convinto che «la nuova patria di Cristo l’Africa». Nel 2002 Philip Jenkins scrisse, «entro il 2025, il 50% della popolazione cristiana (mondiale) sarà in Africa e in America Latina».
Il Pew Research Center ha previsto che i cristiani dell’Africa sub sahariana nel 2050 saranno il 38% della popolazione, rispetto al 24% del 2010. Ecco l’Africa, oggi: la casa per il maggior numero di cristiani al mondo. Motivo per cui i jihadisti hanno intrapreso e recentemente accelerato una strenua e attenta pulizia religiosa.
Tra i 50 paesi classificati nella World Watch List 2019, 14 (quasi un terzo) si trovano nell’Africa sub-sahariana.
Solo nel mese di giugno, in Uganda, una scuola elementare cristiana è stata distrutta in un villaggio musulmano. Prima alcune minacce e poi la demolizione radicale della scuola per figli di convertiti dall’islam al cristianesimo.
Intorno al 27 giugno in Burkina Faso l’ennesimo attacco jihadista. I musulmani sono andati, casa per casa, armati di machete e fucili, nel villaggio di Bani, e tra la morte e l’islam hanno imposto ai cristiani di scegliere. In Burkina Faso i cristiani vivono ormai un vero e proprio inferno: decine le vittime della persecuzione islamica solo nelle ultime settimane che hanno visto un susseguirsi terribile di attentati. «Se non si interverrà, il risultato sarà l’eliminazione della presenza cristiana in quest’area». Secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari, dall’inizio dell’anno i jihadisti hanno costretto 136 mila persone alla fuga. E sarebbero circa 82 i pastori costretti alla fuga.
Nella terza più grande città del Niger, Maradi, è stata data alle fiamme una chiesa. Pare come protesta in seguito all’arresto di un imam di spicco. Erano in 150 i musulmani che hanno commesso l’attentato.
La situazione nel resto dell’Africa non è migliore. In Libia i convertiti al cristianesimo affrontano abusi e violenze continue. In Somalia, dove la comunità cristiana raggiunge solo le poche centinaia, c’è per loro solo una vita di violenza e isolamento. In Sudan i cristiani sono quasi 2 milioni. E sono costretti a convivere con le pressioni e le discriminazioni tipiche di un Paese governato come uno stato islamico. Non solo quindi i diritti limitati, ma anche i luoghi di culto demoliti.
In Etiopia le chiese sono prese di mira al grido di «Allah Akbar».
L’Eritrea, che è stata battezzata come la «Corea del Nord Africa», conta circa 2,5 milioni di cristiani. E molti riempiono le prigioni in condizioni disumane. Quelli che restano, s’incontrano in segreto avendo il governo approvato una legge che chiude le chiese.
La palma come Paese peggiore per i cristiani, continua a detenerla la Nigeria. Là, la comunità di fedeli non conosce tregua. Mentre in Egitto le severe restrizioni sulla costruzione e l’agibilità delle chiese, impediscono ai cristiani di riunirsi. Nella Repubblica Centrafricana, la religione principale è il cristianesimo. La popolazione cristiana raggiunge quasi la cifra dei 3.950.000 con 1.260.000 di cattolici. Eppure i cristiani sono comunque oggetto di una persecuzione sempre più violenta negli ultimi anni: intrappolati come sono nel violento conflitto tra Seleka un’alleanza di gruppi musulmani miliziani e gli anti-balaka gruppi cristiani di autodifesa.
È in Algeria il numero più alto di chiese chiuse nell’ultimo anno. Nel Paese le leggi che regolano il culto non musulmano vietano la conversione e proibiscono il proselitismo oltre all’espressione pubblica della fede cristiana.
In Kenya, dove il cristianesimo è la religione principale, i politici musulmani, su ispirazione dei radicali islamici somali, hanno deciso di eliminare il cristianesimo come recita il rapporto Open Doors 2019 ,«i funzionari spesso chiedono alle chiese di fare cose che non sono in linea con la loro fede, mentre i militanti eseguono brutalmente attacchi suicidi contro chiunque è considerato nemico dell’islam. E grazie alla corruzione nelle agenzie governative, quanti operano contro i cristiani, godono di impunità».
In Marocco il cristianesimo è perseguitato da stato e società. Ci sono restrizioni ovunque, restrizioni all’evangelizzazione e persino la confisca di materiale cristiano in lingua araba.
In Niger, Ciad e Camerun, gli attentati terroristici hanno provocato una drammatica crisi di rifugiati. In Ruanda, invece, centinaia di chiese vengono chiuse «per inquinamento acustico».
Giulio Meotti di recente ha raccontato del messaggio che Boko Haram sta consegnando ai cristiani di Diffa, «hai tre giorni per andare via o sarai ucciso». E da quelle parti l’emorragia è evidente. A Dablo è abbastanza fresca la notizia di sei cattolici uccisi in chiesa. Mentre a Silgadji è stato ucciso un pastore e le processioni cattoliche sono ostaggio di islamici.
Il rapporto pubblicato ad aprile 2019 nel Regno Unito, commissionato dal ministro degli Esteri Jeremy Hunt e diretto dal vescovo di Truro, presenta i cristiani come il gruppo più perseguitato al mondo. Una persecuzione che non riguarda l’etnia, la razza o il colore della pelle né degli autori né delle vittime, ma la sola religione.
Perché in Africa, vari gruppi e individui islamici stanno attaccando e tentando di annientare i cristiani solo perché credono in Cristo. Il rapporto inglese e i fatti di cronaca denunciano uno stato delle cose che, se non fermato, trasformerà il continente africano in un posto simile al Medio Oriente: dove da terra a maggioranza cristiana, si è arrivati a una minoranza indifesa e agonizzante.
Con un’Europa e un Medio Oriente svuotati dai cristiani, è quasi ovvio che i jihadisti puntino all’Africa come continente così ben visto dalla cristianità per finire l’opera di eradicarla.