Negli ultimi anni il turismo ha visto crescere in modo vertiginoso un fenomeno che sta cambiando il volto di molte destinazioni: l’overtourism, ovvero quel sovraccarico di visitatori che supera la capacità di un luogo di accoglierli in modo sostenibile.
Non si tratta di una semplice folla estiva o di qualche giornata di traffico intenso, ma di una condizione che lascia segni profondi e duraturi sulla qualità della vita dei residenti e sull’esperienza stessa dei viaggiatori.
Oggi il turismo vive una contraddizione evidente: da un lato, alcune località segnalano un calo dei flussi, dall’altro le mete più iconiche soffrono di sovraffollamento. Queste due realtà convivono e rendono la gestione ancora più complessa. Non si tratta soltanto di contenere i numeri, ma di ripensare le motivazioni di viaggio e i modelli di sviluppo.
Da Venezia a Barcellona, fino a paradisi naturali come Maya Bay o Machu Picchu, l’overtourism è diventato sinonimo di degrado ambientale, tensioni sociali e perdita di autenticità culturale.
Nato negli anni Settanta come concetto tecnico legato alla “capacità di carico” dei territori, il termine è esploso nel dibattito pubblico intorno al 2017, quando le prime proteste di massa lo hanno trasformato da tema per addetti ai lavori a questione politica e sociale di primo piano.
Oggi affrontare l’overtourism significa andare oltre le semplici misure di contenimento: non basta distribuire i flussi turistici in altri periodi o spostarli in zone meno battute. Serve ripensare l’offerta, creando esperienze radicate in nuovi trend e interessi specifici, capaci di coinvolgere comunità tematiche e nicchie di appassionati.
Questo approccio dà più identità ai territori, valorizza risorse poco conosciute e costruisce percorsi alternativi che generano valore reale, sia per chi li visita sia per chi li abita.
Cause dell’overtourism
Negli ultimi settant’anni gli arrivi turistici internazionali sono cresciuti dai 25 milioni del 1950 fino a oltre 1,4 miliardi nel 2024 (World Tourism Organization, 2025). Un aumento impressionante, frutto di una combinazione di fattori socio-economici, tecnologici e di governance.
L’espansione della popolazione mondiale, la crescita del reddito disponibile e la diffusione dei trasporti low-cost hanno reso il viaggio accessibile a un numero sempre più ampio di persone, aprendo mete che un tempo erano privilegio di pochi.
A questo si sono aggiunte le piattaforme di sharing economy, come Airbnb, che hanno moltiplicato l’offerta di alloggi, e i social media, che tendono a concentrare l’attenzione su un ristretto numero di luoghi iconici, generando un effetto calamita capace di attirare masse in pochi punti.
Per anni, molte politiche pubbliche si sono concentrate quasi solo sulla promozione e sull’aumento degli arrivi, senza prevedere piani efficaci per distribuire i flussi o valutarne le conseguenze a lungo termine.
A pesare sull’equilibrio delle destinazioni ci sono anche gli escursionisti, ovvero quei visitatori che restano solo poche ore senza pernottare. In città come Venezia, in alcune giornate oltre il 70% dei turisti appartiene a questa categoria. Il loro impatto è evidente: fortissima pressione su infrastrutture e servizi nelle ore di punta, ma benefici economici ridotti, perché la spesa si limita spesso a consumi veloci e di basso valore.
Parallelamente, il boom degli affitti brevi ha cambiato la mappa dell’ospitalità urbana. Nelle aree centrali già congestionate i posti letto sono aumentati, mentre per i residenti è diminuita la disponibilità di abitazioni a lungo termine.
Tutti questi elementi insieme creano una domanda turistica fortemente concentrata nello spazio e nel tempo, con viaggiatori che vivono esperienze simili e percorrono sempre gli stessi itinerari, amplificando il sovraffollamento e riducendo la qualità del viaggio, sia per chi visita che per chi ospita.
Conseguenze dell’overtourism
Secondo l’Organizzazione Mondiale del Turismo (World Tourism Organization, 2018), l’overtourism incide sia sulla qualità della vita dei residenti sia sulla soddisfazione dei visitatori, con effetti economici, sociali e ambientali che possono minare, nel tempo, l’attrattività di una destinazione.
Gli impatti dell’overtourism si manifestano principalmente su tre piani: sociale, ambientale e dell’esperienza.
Sul piano sociale, chi vive nelle destinazioni più affollate deve subire l’aumento dei prezzi delle case, la carenza di alloggi a lungo termine e un tessuto commerciale che cambia volto. Negozi e servizi utili alla comunità lasciano il posto ad attività pensate solo per i turisti. Questo porta all’esodo dei residenti e alla perdita di identità culturale dei luoghi. Inoltre, spesso genera tensioni tra residenti e turisti.
Sul piano ambientale, l’overtourism danneggia gli ecosistemi e i siti storici, aumenta i consumi di acqua ed energia e produce inquinamento. Il turismo inoltre è responsabile di circa il 9% delle emissioni globali di gas serra (Sun et al., 2024), soprattutto causate dai voli aerei e dalle crociere.
Sul piano dell’esperienza, la visita perde qualità: folle, lunghe code e un senso di autenticità smorzato trasformano il viaggio in qualcosa di frettoloso e superficiale. In queste condizioni il legame emotivo con il luogo si indebolisce, il ricordo diventa vago e le destinazioni rischiano di apparire “intercambiabili”, riducendo sia la soddisfazione sia la voglia di tornare.
Questi effetti mostrano che non basta spostare i flussi turistici altrove: serve dare ai viaggiatori nuove ragioni per distribuire spontaneamente la loro presenza. Questo significa valorizzare luoghi meno noti e sviluppare esperienze uniche, radicate nell’identità del territorio e ispirate a trend e interessi specifici, capaci di attrarre pubblici ben mirati.
Soluzioni e strategie per l’overtourism
Le principali città turistiche stanno già introducendo azioni per ridurre l’overtourism, ma per ottenere risultati duraturi, non basta intervenire su un solo fronte: serve una combinazione di strumenti già collaudati e soluzioni innovative.
La sfida che ci propone l’overtourism consiste nell’ integrare efficacemente una serie di metodi tradizionali e approcci nuovi in una strategia unica e coerente.
Strumenti consolidati di gestione
- Limitazioni di accesso e contingentamento. Stabilire un numero massimo di visitatori giornalieri o per fascia oraria, tramite prenotazioni obbligatorie o registrazioni online. È il metodo già adottato in luoghi come Machu Picchu o le Cinque Terre per evitare di superare la capacità di carico e proteggere sia l’esperienza del visitatore sia il patrimonio.
- Tariffazione dinamica e tasse turistiche. Variare i prezzi in base alla stagione, al giorno o all’orario e destinare i proventi a progetti di manutenzione, conservazione e servizi per residenti. Venezia, ad esempio, utilizza la tassa d’ingresso per finanziare pulizia e infrastrutture.
- Allargamento della stagione. Incentivare le visite in bassa stagione con eventi, promozioni e campagne mirate. In questo modo si riduce la pressione nei mesi di punta e si mantiene viva l’economia locale tutto l’anno.
- Diversificazione spaziale. Invitare i viaggiatori a esplorare luoghi e attrazioni meno note, per distribuire meglio i flussi turistici. Ad esempio, a Barcellona, per ridurre la pressione sul centro storico, vengono promossi itinerari nei quartieri periferici.
- Regolamentazione degli affitti brevi. Stabilire regole chiare su licenze, durata e aree consentite, oltre all’obbligo di registrazione, per evitare un’eccessiva concentrazione di alloggi turistici nelle zone già sovraccariche.
- De-marketing mirato. Ridurre la promozione dei luoghi affollati nei periodi di punta e incoraggiare le visite in momenti differenti, attraverso messaggi e campagne specifiche.
Approcci innovativi
- Innovazione dei prodotti turistici. Creare esperienze che non siano solo alternative “di ripiego” ma vere motivazioni di viaggio. Alcuni esempi concreti sono: laboratori di turismo creativo, festival tematici, o attività di turismo scientifico, come escursioni guidate da ricercatori.
- Cavalcare i nuovi trend e attrarre nicchie. Tradurre trend emergenti in proposte per nicchie specifiche e ben definite di turisti. Ad esempio: un trend fotografico può diventare un workshop itinerante, mentre la combinazione di natura e wellness può ispirare “passeggiate della salute” nei parchi meno noti.
- Identità territoriale forte. Valorizzare ciò che rende unico un luogo: architettura, gastronomia, artigianato, feste popolari. Trasformare questi elementi in esperienze coerenti e comunicarle in modo mirato a chi è più predisposto ad apprezzarli.
- Percorsi alternativi di valore. Non semplici vie secondarie, ma itinerari con un richiamo proprio. Ad esempio: un “festival diffuso” nei borghi vicini a una grande città d’arte, pensato per fotografi o appassionati di cucina rurale, può diventare una meta principale. La chiave è comunicare queste iniziative sui canali giusti e con linguaggi in sintonia con i pubblici sensibili a questi temi.
- Intelligenza Artificiale e turismo personalizzato. Le nuove tecnologie digitali stanno aprendo scenari inediti per il turismo. Tra queste, gli assistenti virtuali basati sull’ Intelligenza Artificiale possono aiutare a personalizzare i suggerimenti per i turisti e a far emergere mete meno note, spostando l’attenzione dei viaggiatori oltre gli hotspot. Il loro impatto, però, dipende dalla presenza di prodotti turistici innovativi e mirati, che siano in linea con i trend emergenti, le identità territoriali e gli interessi specifici delle diverse nicchie di viaggiatori: solo un’offerta ben progettata e realizzata consente alla tecnologia di diventare un vero strumento di distribuzione dei flussi e di valorizzazione delle nicchie turistiche.
Qualche esempio concreto
Secondo i dati di Statista (2023), alcune destinazioni europee registrano rapporti estremi tra visitatori e abitanti: Dubrovnik con oltre 36 turisti per residente, Venezia e Bruges con più di 21, e Rodi con circa 20. Questi valori mostrano con chiarezza la pressione esercitata dalle presenze turistiche sulle comunità locali, spingendo molte città ad adottare misure anche drastiche di contenimento.
Molte località hanno scelto strumenti di gestione classica.
Venezia, ad esempio, ha introdotto una tassa d’ingresso variabile, vietato l’accesso alle grandi navi da crociera nel bacino di San Marco e regolamentato gli affitti brevi.
Barcellona ha deciso di vietare del tutto gli appartamenti turistici entro il 2028, accompagnando questa misura con l’accesso regolamentato ai luoghi più iconici e l’introduzione di tasse di soggiorno mirate.
Inoltre, a Machu Picchu, in Perù, e a Maya Bay, in Thailandia, si è scelto di imporre contingentamenti severi, percorsi obbligati e chiusure stagionali, per dare all’ambiente il tempo di rigenerarsi.
Altre destinazioni, invece, hanno puntato sulla differenziazione dell’offerta.
Ad esempio, Amsterdam incoraggia con campagne mirate un turismo più responsabile, promuovendo quartieri e città limitrofe.
In Giappone, stanno promuovendo aree rurali meno conosciute per soddisfare i bisogni di viaggiatori in cerca di esperienze lente e autentiche.
Da questi esempi si può cogliere che le misure restrittive possono arginare l’emergenza, ma è la combinazione con l’innovazione dell’offerta a garantire risultati duraturi, alleggerendo i luoghi saturi, con benefici concreti per le comunità ospitanti.
Prospettive Future e Raccomandazioni
Il turismo mondiale è destinato a crescere ancora. Secondo le proiezioni dell’Organizzazione Mondiale del Turismo (World Tourism Organization, 2025), entro il 2030 si arriverà a 1,8 miliardi di arrivi internazionali. Senza nuove strategie, l’overtourism rischia di intensificarsi e di diventare un problema strutturale.
Per evitarlo, occorre passare da una gestione di tipo emergenziale a una pianificazione rigenerativa, capace di prevenire i problemi e generare valore duraturo.
- Destinazioni. Servono piani di lungo periodo che integrino la gestione dei flussi con la creazione di nuove motivazioni di viaggio, radicate nell’identità del territorio, in offerte originali e nell’intercettare i trend emergenti.
- Operatori turistici. Investire in esperienze immersive e su misura per nicchie specifiche di turisti, evitando la standardizzazione che appiattisce le differenze e diluisce l’unicità dei luoghi
- Comunità locali. Essere parte attiva nelle decisioni, stabilire limiti di cambiamento accettabili e beneficiare in modo equo delle ricadute economiche e sociali.
- Turisti. Adottare comportamenti più consapevoli e responsabili, scegliendo esperienze che rispettino luoghi e comunità.
Anche la tecnologia può dare un contributo decisivo. L’intelligenza artificiale, ad esempio, permette di orientare i viaggiatori verso esperienze personalizzate e di far emergere mete meno conosciute. Tuttavia, l’AI non è una soluzione autonoma: funziona solo se alla base esistono prodotti turistici innovativi, progettati con competenze specialistiche e pensati per nicchie di interesse precise. In altre parole, la tecnologia può facilitare lo spostamento dei flussi, ma è l’innovazione dell’offerta a renderlo davvero possibile.
La chiave è integrare strumenti consolidati di gestione dell’overtourism con progetti innovativi che creino esperienze di valore reale.
Non si tratta di ridurre il numero di turisti a tutti i costi, ma di attrarne anche di più, purché motivati a fare cose diverse, esplorare luoghi meno noti e seguire percorsi che alleggeriscano la pressione sugli hotspot. Così il valore si distribuirà in modo più equilibrato su tutto il territorio, anziché concentrarsi in pochi punti.
Conclusioni
L’overtourism non è soltanto una questione di numeri. È il sintomo di un modello che, per anni, ha puntato sulla crescita rapida sacrificando qualità, identità e vivibilità.
Limitare gli accessi o deviare i flussi può essere indispensabile per gestire l’urgenza, ma non affronta le cause profonde del problema.
Il futuro delle destinazioni passa dalla capacità di creare nuove ragioni di viaggio: esperienze autentiche, radicate in identità territoriali forti, ispirate a trend emergenti e dedicate a interessi di nicchia. Un approccio che distribuisce naturalmente i visitatori, genera valore reale per le comunità e preserva il patrimonio culturale e ambientale.
Il turismo di domani non dovrà essere misurato solo in arrivi e presenze, ma nel valore che produce sia per chi viaggia, sia per chi accoglie e sia per i territori stessi. Meno folle concentrate negli stessi luoghi, più storie da raccontare, più volti da incontrare, più territori da scoprire.
Un turismo che non consuma, ma rigenera, restituendo al viaggio la sua essenza originaria: arricchire sia chi parte sia chi ospita.
Bibliografia essenziale
- McKinsey & Company et al. (2017). Coping with success: Managing overcrowding in tourism destinations. - https://www.mckinsey.com/industries/travel/our-insights/coping-with-success-managing-overcrowding-in-tourism-destinations
- Statista. (2023). The most 'overtouristed' cities in Europe -https://www.statista.com/chart/30115/annual-number-of-tourists-per-inhabitant/
- Sun, Y.-Y., et al. (2024). Carbon footprint of global tourism. Nature Communications, 15, 9829. - https://www.nature.com/articles/s41467-024-54582-7
- World Tourism Organization. (2025). Tourism Statistics Database - https://www.unwto.org/tourism-statistics/tourism-statistics-database
- World Tourism Organization. (2018). ‘Overtourism’? – Understanding and managing urban tourism growth beyond perceptions. Madrid: UNWTO. - https://www.unwto.org/global/publication/overtourism-understanding-and-managing-urban-tourism-growth-beyond-perceptions-executive