L’ex ministro Clini: “Stop alle estrazioni? Una scemenza. Ci priva del gas italiano”

Il professore: “Per arrivare all’energia garantita al 100% da rinnovabili ci vorranno almeno altri 30 anni. Ora serve una riserva che non deve essere il carbone ma il metano”

Alla sala Cavalcoli della Camera di commercio di Ravenna, nel convegno organizzato dalla Uilcem nazionale, ad un certo punto era stato tranchant: “Lo stop alle estrazioni? Una scemenza”. Ma Corrado Clini, professore universitario in Cina, una vita da dirigente ai più alti ranghi dello Stato e nella fase del governo Monti, ministro dell’Ambiente, è persona posata. Che è solita argomentare. E quel suo essere stato così netto riguardo l’emendamento approvato all’interno del decreto Semplificazione – che ferma per 18 mesi le prospezioni di ricerca di idrocarburi sul territorio nazionale e aumenta per 25 volte i canoni di concessione – lo motiva su quella che considera una “doppia contraddizione”: “E’ una politica che ci priva del gas italiano”. Quindi non facciamo al Paese solo un danno economico, ma anche ambientale”.

Corrado Clini, su cosa si basa questa sua convinzione?

“Si tratta di un ragionamento quasi ovvio. Esistono due conseguenze, legate alla sospensione. Il primo è legato alla programmazione degli investimenti, che corrispondono anche all’improvement di competenza che nel nostro territorio è molto alto”.

E quindi c’è un danno industriale, ma dove identifica quello ambientale?

“C’è anche un danno ambientale, perchè così facendo si blocca la strategia di decarbonizzazione. Mi spiego: le rinnovabili oggi hanno un limite. Sono discontinue. Hanno bisogno di un back up, cioè di una riserva di energia data da altra fonte e che sia sempre disponibile, indipendentemente dalle condizioni meteorologiche da cui dipendono solare e eolico. Beh oggi quella continuità è garantita in buona proporzione dal carbone. E invece dovrebbe essere il metano a dare queste garanzie, che è la fonte di origine fossile con le più basse emissioni”.

E’ il motivo per il quale si definisce il gas la risorsa della transizione energetica. Quindi quale strategia bisognerebbe seguire, per garantire la decarbonizzazione e accompagnare a uno sviluppo che veda domani l’energia garantita dalle sole rinnovabili?

“Guardi, per arrivare a un fabbisogno energetico garantito al 100 per cento dalle rinnovabili avremo bisogno ancora di una trentina d’anni, almeno. E bisognerà lavorare su sempre migliori forme di stoccaggio dell’energia. L’idroelettrico ne è un esempio e molto si sta facendo sulle batterie. Tanto verrà determinato dalla realizzazione di reti interconnesse, fra diversi paesi europei ma anche Europa-Africa per fare in modo che tutta l’energia prodotta venga messa in rete e non sia dispersa”.

Cosa abbiamo di maggiormente concreto e già pianificato?

“Di certo abbiamo una situazione molto chiara data dalle stime di Eni circa la potenzialità dell’Adriatico in termini di riserve di gas. Quando ero ministro assieme a Corrado Passera avevamo approntato il primo piano energetico che ci avrebbe consentito entro il 2025 di chiudere le centrali a carbone. Piano che fu confermato dal governo Renzi. Ma adesso che faremo?”.

Cosa diceva quel piano?

“Molto semplicemente creava una strategia, stanziando 15 miliardi di euro nei prossimi anni per il rafforzamento della capacità nazionale di gas autoctono, soprattutto in mare”.

La partita che ha riverberi anche sui 2 miliardi che Eni investirebbe a Ravenna…

“Si, per questo ritenere il gas alternativo alle rinnovabili è un errore grossolano. Senza contare che il Mediterraneo non è un mare solo italiano. I nostri dirimpettai si stanno attrezzando per accedere a quei giacimenti ed inoltre, interrompere il percorso che ci siamo dati, toglie all’Italia credibilità. Allontana ogni tipo di investimento”.

Ma i 18 mesi di stop sono motivati anche dalla volontà di approfondire i rischi ambientali di alcune autorizzazioni. Le estrazioni in Italia sono sicure?

“Abbiamo la legge più severa al mondo per la regolamentazione delle attività estrattive a mare. Inoltre il ministero nel 2017 ha pubblicato un rapporto che indica le linee guida per l’esplorazione con la air gun. Queste recepiscono interamente le linee guida dell’Unep, l’organismo delle Nazioni Unite deputato alla questione. Mi chiedo, vogliamo forzare con la politica un organismo tecnico e indipendente? Magari come si è fatto con la Tav attraverso la Commissione di Ponti? Sarebbe un errore gravissimo”.

 

(Andrea Tarroni, Corriere Romagna 6 Marzo 2019)

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